Del Giappone, la prima volta in cui ho deciso di andarci, conoscevo essenzialmente la distanza. Quando sono partita, nel mio ‘bagaglio esistenziale’ avevo solo tre punti di contatto con l’arcipelago: una compagna di conservatorio che si era trasferita da Tokyo a Milano, i libri di Banana Yoshimoto e la cucina macrobiotica. Eppure, quando sono arrivata, qualcosa è successo. Qualcosa di imprevisto, difficilmente descrivibile se non come uno strambo desiderio di abbracciare lo spazio intorno, la città, le campagne verdissime, l’oceano. Un senso di appartenenza inspiegabile”. Su ilLibraio.it la riflessione di Francesca Scotti, in libreria con “Il tempo delle tartarughe”, una raccolta di racconti che si muovono tra Italia e Giappone

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